Ai
primi di luglio la casa era definitivamente risistemata e Nora pensò
che un cane dal carattere dolce ma addestrato per la difesa era quel
che ci voleva. Henriette all’inizio si mostrò perplessa per via
dei danni che il giardino avrebbe potuto subire (i cani scavano,
ripeteva) ma essendo Nora preparata a tali obiezioni passò un’intera
settimana a sottolineare come due donne sole con bambini in una città
sconosciuta fossero un ottimo bersaglio per ladri e malintenzionati
in genere.
Sapeva
che il carattere nervoso e pavido della cognata non sarebbe stato in
grado di sopportare il minimo timore di un’aggressione e così le
bastò mettere in evidenza tutte le notizie su furti e omicidi che
riusciva a reperire presso amici e conoscenti.
Nel
primo pomeriggio del 18 luglio 1870 Prince of Wales entrò nel
giardino dei Blackbone scodinzolando e saltando intorno a Philip come
un agnellino. Nora era andata a prenderlo dal cugino della signora
Ananian, Pietro, che possedeva tre rottweiler, due maschi e una
femmina. Il maschio più giovane era figlio degli altri due e avendo
ormai quasi un anno e mezzo iniziava a competere con il padre per la
supremazia nel branco. Cosa piuttosto pericolosa, perché prima o poi
il cucciolone avrebbe sfidato a morsi il cane più anziano e Pietro
non sopportava l’idea che uno mostrasse le zanne all’altro. Erano
una famiglia, canina, ma pur sempre una famiglia. Così,
durante un tè pomeridiano al quale erano state invitate anche Nora e
Henriette, sapendo del loro progetto, Pietro aveva offerto Prince.
Era un animale massiccio e piuttosto bello. Con un cane così in
giardino si potevano dormire sonni tranquilli. Henriette approvò
distrattamente e Pietro capì che di Prince si sarebbe occupata Miss
Blackbone. Allora le propose di ritornare ancora per quattro o cinque
volte in modo da familiarizzare con il cane e imparare qualche
semplice regola per farlo obbedire agli ordini.
“Un
animale del genere va amato, rispettato e senz’altro guidato nel
comportamento. Il rottweiler difende con energia il territorio e il
branco. Non vorrebbe dovergli togliere dalle fauci pezzi di
portalettere, vero?”
Nora
cercò di nascondere il ghigno che involontariamente le aveva curvato
le labbra.
Caro
Prince, se ci fossi stato tu quella volta del visitatore misterioso,
pensò, ci si sarebbe divertiti parecchio.
In
poche lezioni Pietro le insegnò come far camminare Prince al piede,
cioè vicino alla gamba sinistra del padrone e come farlo mettere
nella posizione del seduto o a terra (che significano resta fermo lì
e non ti muovere), posture comode quando per esempio si hanno ospiti
ai quali si offrono i pasticcini, perché non tutti apprezzano un
molosso bavoso che, sgranando occhi lacrimevoli, appoggia la testa
sulle cosce del detentore del biscotto.
Questo
animale è quel che mi ci voleva, si disse Nora durante il tragitto
dalla villa degli Ananian a casa. Camminare con lui al fianco le dava
un piacevole senso di sicurezza. Era un po’ come riavere un uomo in
famiglia.
Prince
of Wales giocò a palla con i bambini per tutto il pomeriggio. Nora
era sempre vigile e osservava con attenzione il comportamento del
cane. Il minimo incidente, un graffio a Isabel o Philip, avrebbe
avuto ripercussioni incalcolabili sui nervi di Henriette, ma Prince
si dimostrò estremamente equilibrato e in Nora aumentò la
soddisfazione per la propria scelta.
Cenarono
all’aperto. L’aria del tramonto era fresca e riposante dopo la
calura di quella giornata e Giovanna, la governante, aveva preparato
una minestra con il mais davvero ottima.
“Questo
giardino è proprio un gioiello cara Henriette.”
Nora
era rilassata e in vena di chiacchiere. Mrs. Blackbone sorrise
compiaciuta. In effetti il giardiniere sapeva il fatto suo.
“Grazie.
Vorrei più rose bianche ma ci penserò il prossimo anno” sospirò,
poi si rivolse ai figli.
“Bambini,
è ora di andare a dormire. Salutate il vostro diavolaccio a quattro
zampe e andate con Giovanna, su!”
Le due
donne rimasero sedute in giardino. Ormai era buio e le prime stelle
occhieggiavano tra i rami dell’ippocastano. Prince sonnecchiava ai
piedi di Nora ma all’improvviso, mentre Mrs. Blackbone ricordava
l’odore soffocante del mercato principale di Damasco e
contemporaneamente Nora pensava a quanto erano spettacolari i cumuli
colorati sui banchi dei venditori di spezie, il cane incominciò a
ringhiare.
All’inizio
si sollevò sulle zampe anteriori ma in breve era all’erta e
abbaiava come un forsennato in direzione della porta di casa. Nora e
Henriette si scambiarono uno sguardo preoccupato. Le zanne di Prince
vibravano sotto le labbra arricciate.
“Che
cosa succede, diavolo di un cane!” squittì Mrs. Blackbone
iniziando a sudare.
“Calma.
Prince, seduto!”
Nora
afferrò il collare del cane e lo strattonò con forza ma Prince
continuò a latrare e ringhiare senza staccare gli occhi dalla porta.
Henriette,
paralizzata dallo spavento lanciò di nuovo un’occhiata a Nora.
“I
bambini…” ansimò. Poi, non riuscendo più a contenersi, proruppe
in un grido “PHIL! ISABEEEL!”
A quel
punto Prince partì come un masso lanciato da una catapulta. Lo
videro entrare in casa e dopo qualche secondo fu Giovanna a gridare.
Quando
Nora arrivò al piano di sopra si trovò dinnanzi una scena che non
avrebbe dimenticato per molti mesi.
La
governante era appiattita accanto alla finestra con le spalle al muro
e fissava ad occhi sbarrati il centro della stanza di Isabel. La
bambina, seduta a gambe incrociate sul tappeto, sembrava addormentata
ma Nora si accorse che stava cantilenando qualcosa che non riusciva a
comprendere. Sulla piccola piovevano gocce nere e quando Miss
Blackbone sollevò il volto per vedere da dove venissero non riuscì
a trattenere un urlo di raccapriccio. Phil era incollato al soffitto.
Le gambe e le braccia erano divaricate e la camicia da notte pendeva
verso la testa della sorella convogliando a mo’ di foglia di palma
un liquido scuro che sembrava proprio sangue.
Nora
vacillò ma riuscì a rimanere in piedi. L’unico appiglio vagamente
razionale che la sua mente sconvolta trovò in quel momento fu
chiamare Prince of Wales con quanto fiato avesse in gola. Il cane
latrò ma lei non riuscì a capire dove fosse finito. Solo dopo un
paio di minuti nei quali quella scena da incubo sembrava aver
congelato tutti come insetti nell’ambra sentì il muso dell’animale
che le sfiorava una gamba. Le stava dietro tremante, guaendo
disperato e raspava furiosamente con le unghie sulle assi di legno
del ballatoio. Nora si voltò e l’ultima immagine che i suoi occhi
percepirono prima che il cervello la lasciasse svenire fu la sagoma
giallastra di un uomo che fluttuava nel buio.
(continua)
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