John
Blackbone entrò nello studio di Burton e si sedette. Il Console notò
subito l’espressione tesa e preoccupata del suo
segretario.
“Notizie
da Henriette e i bambini?” chiese, sperando in una risposta che
confermasse che stavano tutti bene.
John
fece scivolare un involto di carta sulla scrivania fin sotto il naso
del Console. Burton lo aprì: c’erano due buste. Una conteneva un
telegramma, l’altra una lettera.
“Ho
ricevuto tutto un’ora fa” precisò Blackbone. La posta, infatti,
gli veniva recapitata una volta al mese.
Burton
non mosse un muscolo e lesse il telegramma spedito da Nora tre
settimane prima, pressappoco alla fine di luglio: Situazione
grave. Stop. Urgente tuo arrivo. Stop. Bambini bene. Stop.
Il
Console aggrottò le sopracciglia. Strano, pensò, se le cose sono
gravi come mai la moglie non ha scritto nulla? La lettera, anche
quella inviata da Nora, del resto aveva un tono completamente diverso
rispetto al telegramma.
Caro
John,
per
prima cosa desidero scusarmi con te per il telegramma. Ti sarai
preoccupato e per questo motivo ti scrivo una lettera, così
da spiegarti per esteso cosa è successo e riportarti alla
tranquillità. Sappi comunque che qui stiamo tutti bene e
aspettiamo con gioia il tuo arrivo. La casa ha uno splendido
giardino, ammirato dai vicini e dai conoscenti, tanto che si
parla in giro di questo “giardino dei Blackbone” come di una
piccola oasi nel cuore di Trieste… ma ritorniamo a noi e alla
faccenda del telegramma.